martedì 28 ottobre 2008

IL NUOVO GIROTONDINO




PRAGA '68: FINI, DA PRIMAVERA PARTI' STRAPPO PCI DA URSS
Con la 'primavera' di Praga, quarant'anni fa, inizio' il "processo di graduale, ma inarrestabile presa di distanza dai modelli del socialismo reale, che ha condotto nei decenni successivi la sinistra italiana a ripudiarne la intrinseca vocazione totalitaria". Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in occasione del convegno a Montecitorio, che ha ricordato il quarantesimo anniversario dei drammatici avvenimenti cecoslovacchi. Fini si e' riferito in particolare al "Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tra i piu' lucidi protagonisti di tale svolta storica".




Roma, 4 ott. (Adnkronos/Ign) - "Il rischio razzismo c'è ed è per questo che è importante l'integrazione". Parola del presidente della Camera, Gianfranco Fini, a Milano per la festa nazionale del Pdl. "Bisogna avere l'onestà intellettuale - ha detto - di dire che ci sono stati episodi di discriminazione razzista e xenofoba, in alcuni casi anche violenti. Negarlo sarebbe sbagliato. Bisogna comunque verificare con precisione e scrupolo quello che è accaduto e bisogna anche avere della cautela prima di parlare di razzismo anche se il rischio di razzismo c'è".








SINISTRA: FINI RICORDA FOA IN AULA, SEPPE VEDERE PRIMA DI ALTRI
Roma, 21 ott. (Adnkronos) -''Ricordare la figura di Vittorio Foa significa ripercorrere idealmente la storia di una esistenza intensa, vissuta all'insegna del piu' alto impegno civile, politico e culturale. Come ha autorevolemnte affermato il capo dello Stato, Foa e' stato senza alcun dubbio une dalle figure di maggiore integrita' e di spessore intellettuale e morale della politica e del sindacalismo italiani del Novecento''. E' quanto ha affermato il presidente della Camera Gianfranco Fini, commemorando in aula a Montecitorio la figura di Vittorio Foa. ''La sua appassionata dedizione alla causa della liberta', pagata -ha ricordato Fini- anche sul piano personale attraverso una lunga detenzione durante il regime fascista, ha fornito un contributo essenzaile per l'affermazione dei valori democratici che sono alla base della nostra Costituzione''.






Fini: chi fece la Resistenza stava dalla parte giusta
Il Fascismo fu una dittattura e la destra non può che darne un giudizio negativo. Il presidente della Camera Gianfranco Fini alla festa nazionale di "Azione giovani" a Roma, si esprime con nettezza e prende posizione alla luce delle polemiche suscitate dal ministro della Difesa Ignazio La Russa e dal sindaco di Roma Gianni Alemanno sulle leggi razziali e la Repubblica di Salò. «È doveroso dire che, se non è in discussione la buona fede, non si può equiparare chi stava da una parte e combatteva per una causa giusta di uguaglianza e libertá e chi, fatta salva la buona fede combatteva per la parte sbagliata». Il presidente della Camera non ha dubbi: «La destra deve ribadire in ogni circostanza questi concetti e riconoscersi in questi valoriche sono a pieno titolo antifascisti, proprio per superare il passato, non per archiviarlo, ma per costruire una memoria che consente al nostro popolo di andare avanti».
Il Fascismo fu una dittatura
Fini sottolinea che la vicenda del Fascismo deve essere colta come una pellicola nel suo complesso e non fotogramma per fotogramma: «Il giudizio non può che essere complessivo, non si possono dare giudizi parziali, partendo dalle affermazioni di quegli storici che dicono che il fascismo ha modernizzato l'Italia, oppure che ha fatto l'Inps o ancora che Mussolini nel 1938 a Monaco salvò la pace. Da parte della destra il giudizio complessivo deve essere negativo a partire dalla soppressione della libertà operata dal fascismo. Non possiamo negare la storia: il fascismo fu dittattura».In secondo luogo, secondo Fini, il fascismo negò un altro valore fondamentale: quello dell'uguaglianza, «accettando le ragioni della superiorità di razza, del razzismo biologico. Di qui l'infamia delle leggi razziali, questa aberrazione, questo male assoluto che sta nella negazione a priori del valore dell'uguaglianza. Negare alla radice il principio dell'uguaglianza non può che determinare il risultato finale di una tragedia. L'ultimo atto del film è poi stata la dichiarazione di guerra, che ha messo l'Italia in ginocchio, che ha determinato una catastrofe che i nostri padri e i nostri nonni non hanno dimenticato. L'Italia, sì, modernizzata nel 1945 era rasa al suolo. Questi dati sono fattuali, sono elementi di verità storica da cui non si può prescindere».
Le utopie e i passi avanti del '68 Passando alla contestazione studentesca di quarant'anni fa, Fini si è chiesto: «Fu tutto negativo? Non si può dire. Ma è sbagliato dire che il '68 rappresentò la stagione della libertà». Il leader di An ha ammesso che il '68 «ha tolto tante ragnatele, archiviato una stagione che sa tanto di muffa. Merito o colpa del 68? Non mi appassiona il discorso. Di certo fu negativo lo slogan "vietato vietare". Il '68 aveva fatto degenerare il valore della libertà in licenza, anarchia, assenza di regole. Fu una forma colossale per esprimere la propria imbecillità. Non c'è la libertà se non c'è una regola, se non c'è un'autorità. Dove ha fallito il '68? Nel pensare a un mondo utopico dove ci fosse la libertà senza il principio di autorità». In ogni caso, «ritrovato l'equilibrio, che nel '68 non c'era, la società qualche passo in avanti l'ha fatto».
13 settembre 2008






Fini il 16 ottobre al Ghetto65 anni fa la razzia degli ebrei
Il presidente della Camera Gianfranco Fini si recherà in visita alla comunità ebraica romana alle 17 del prossimo 16 ottobre, ricorrenza, 65 anni fa, della razzia degli ebrei del ghetto. Lo annuncia il presidente della comunità Riccardo Pacifici"A nessuno sfuggirà l'importanza di questa visita in un giorno luttuoso per gli ebrei romani ed italiani e per la storia della nostra nazione. La sensibilità del presidente - ha aggiunto Pacifici - è oggi più che mai importante. E' la conferma della grande attenzione di Fini alla storia della Shoah e al passato della comunità ebraica romana".




SCUOLA: FINI, CONDIVISIBILI I CORSI DI ITALIANO PER BIMBI IMMIGRATI
Roma, 16 ott. - (Adnkronos) - Decidere di istituire dei corsi per i bimbi figli di immigrati che non conoscono o hanno serie difficolta' con la lingua italiana, non e' un atto razzista ma, al contrario, favorisce la loro reale integrazione nel sistema scolastico. Il presidente della Camera Gianfranco Fini promuove la proposta della Lega nord votata in tal senso in Parlamento. "Se la mozione fosse stata scritta espressamente per costituire quelle che una volta erano chiamate classi differenziate, sarebbe intollerabile -spiega Fini, al termine della visita al Museo Ebraico presso la Sinagoga di Roma, rispondendo ai giornalisti-. Nella mozione, pero', questo non c'e' scritto. C'e' scritto invece che si puo' prendere in considerazione come ipotesi per quei bambini che non conoscono ancora la nostra lingua di istituire corsi che devono essere necessariamente brevi e transitori, per apprendere la lingua italiana e garantire quindi un successivo inserimento nella nostra scuola". Per Fini, "impostato cosi', si tratta non solo di un ragionamento condivisibile, ma di una decisione che favorisce l'integrazione, tutt'altro che xenofoba e razzista. Diverso sarebbe -osserva il presidente della Camera- se si ipotizzasse, in ragione di una diversita', l'appartenenza ad una classe piuttosto che ad un'altra. Del resto, chi ha almeno 50 anni ricorda ancora le classi differenziate ed erano sinceramente offensive per coloro che erano meno fortunati".










Fini in Israele "Il fascismofu parte del male assoluto"
Il leader di An al primo giorno di una visita storicaDura condanna del regime e di chi non si oppose"Nessuna giustificazione: un'infamia le leggi razziali" Nell'incontro con Sharon ribadisce "l'amicizia tra i due Paesi"






Fini: Non si può equiparare la Resistenza alla Repubblica di Salò
Non si può "equiparare chi stava da una parte e dall'altra" perché durante gli anni di fascismo e resistenza "c'era chi combatteva per una causa giusta, è chi, fatta salva la buona fede, combatteva per la parte sbagliata". Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini, ospite di 'Atreju 08'. "Il fascismo - ha affermato - abolì libertà fondamentali, fu dittatura". Poi ha aggiunto che non c'è "nulla di più infame che affermare che un uomo è superiore per razza" e le leggi razziali furono "un'infamia", una "aberrazione e il male assoluto".








Lo strappo di Fini: Almirante è razzista




Roma - Sono le parole con cui il presidente della Camera, presiedendo la seduta, risponde a un deputato del Partito democratico, Emanuele Fiano, che in Aula legge un articolo del futuro leader missino scritto nel 1942 su una rivista (La difesa della razza di Telesio Interlandi) che sosteneva le leggi antisemite. Fini risponde a Fiano: «Sono certamente vergognose la frasi che lei ha letto - osserva - che esprimono un sentimento razzista che albergava in tanti, troppi, esponenti che in quegli anni, dopo la guerra si collocavano a destra e in altri casi in altre formazione politiche». Dato anche il contesto Fini si ferma qui. Anche perché già sa che nel pomeriggio dovrà tornare a parlare dell’uomo che lo ha messo alla guida del Msi nella cerimonia ufficiale con cui la Camera presenta la raccolta dei suoi discorsi in tre volumi (compilata in occasione del ventennale della scomparsa).

martedì 21 ottobre 2008

Da Il Giornale


Non si capisce perchè predicatori del menga come Di Pietro riescano a prendere i voti...




Scorrendo le tante proprietà immobiliari, passate e presenti, di Antonio Di Pietro, il 4 agosto scoprimmo che l’ex pm aveva comprato un bell’appartamento nel centro di Bergamo a un prezzo scontatissimo dovuto alle «cartolarizzazioni» Inail. Intorno a quell’acquisto e ai rapporti che Tonino intratteneva con l’ente previdenziale proprietario di quell’immobile, il Giornale oggi ha trovato dell’altro: un iniziale interessamento di Tonino ad appoggiare proprio l’«Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro» nella battaglia contro la dismissione dell’immenso patrimonio immobiliare; quindi, la decisione di Tonino di comprarsi un immobile, giust’appunto dell’Inail, ricorrendo a oscuri escamotage; dopodiché, smentendo se stesso, la proposta choc di immettere nel mercato proprio il patrimonio degli istituti (Inail incluso) per far fronte al problema dell’emergenza-casa. Un agire schizofrenico, quello di Tonino. Sin dall’inizio. Da quando, per il tramite del co-fondatore dell’Idv, Mario Di Domenico, d’accordo con l’ufficio legislativo dell’Inail, Di Pietro stilò addirittura un disegno di legge (numero 3555, lui unico firmatario) finalizzato a sfruttare il patrimonio a favore degli stessi invalidi. Era talmente convinto di ciò, che con Di Domenico aveva perfino elaborato un libro («Revisione della rendita Inail», Ianua editore, costo 18mila lire,). Passò del tempo e il 22 settembre 2007, da ministro delle Infrastrutture, Di Pietro cambiò idea: all’università Luiss illustro l’elaborazione del suo «piano casa» spiegando che per risolvere l’emergenza abitativa bisognava destinare a terzi (non più solo agli invalidi) anche il patrimonio dell’Inail.
Ma torniamo alla compravendita. Nel luglio del 2004 Mario Di Domenico diffida l’«amico» Antonio Di Pietro e Silvana Mura (tesoriera dell’Idv) dal continuare a usare i fondi del partito «per fini diversi dalla comunione di scopo associativo». Ad agosto Di Pietro decide di servirsi di un prestanome per concorrere, senza apparire, all’acquisto dell’appartamento bergamasco di via Locatelli 29 (terzo piano, interno 12) che rientra fra quelli «cartolarizzati» dalla società Scip-Inail. A questa cartolarizzazione, dice la legge, non possono partecipare gli amministratori pubblici, quale era (al tempo dell’acquisto) Antonio Di Pietro, essendo già diventato parlamentare europeo, poi eletto alla Camera il 9-10 aprile 2006, diventando ministro il 18 maggio. Alla data dell’11 aprile (Di Pietro è deputato da un giorno) il perfezionamento dell’atto d’acquisto non aveva ancora terminato il suo iter di efficacia, dovendo seguire i tempi della «trascrizione» presso i pubblici registri immobiliari. Se il notaio incaricato dall’Inail avesse controllato i requisiti di «legittimazione delle parti» avrebbe scoperto che in quel momento Di Pietro era un pubblico amministratore dello Stato. Impossibilitato, dunque, ad acquistare l’immobile «cartolarizzato». Come se non bastasse, Antonio Di Pietro aveva partecipato all’asta restando nascosto, conferendo l’incarico a partecipare in nome e per suo conto a un certo Claudio Belotti, compagno della tesoriera del partito, Silvana Mura, nonché membro del Cda della società immobiliare An.to.cri, di cui Di Pietro è amministratore unico e la Mura membro del Cda. Per la cronaca in quest’appartamento Inail è transitata la stessa utenza telefonica in uso nell’immobile di via Taramelli precedentemente occupato dalla tesoreria dell’Idv, dunque da Silvana Mura. E ancora. La pubblicazione dell’asta-Inail avviene il 1° ottobre 2004. Il 10 novembre Belotti offre 204.085 euro, come cauzione ne deposita 20mila e rotti. La proposta, però, viene scartata dal Tar di Brescia (ordinanza 1884/2004) per irregolarità formali. L’appartamento va così alla Bergamo House Unipersonale srl, seconda aggiudicataria. Di Pietro, cioè Belotti, fa reclamo al Consiglio di Stato. All’udienza dell’11 gennaio 2005, però, non si presenta nessuno: né l’Inail né la Scip e nemmeno la Bergamo House. Persino l’Avvocatura dello Stato ritiene di non doversi costituire. Al giudice del reclamo non resta che accogliere la domanda di Belotti (cioè di Di Pietro) domanda che però - stando all’articolo 81 del codice di rito - andava rigettata qualora il giudice fosse stato informato che il vero compratore era un soggetto terzo con incarichi pubblici. L’articolo 1471 del codice civile è chiaro sul punto: «Non possono essere compratori, nemmeno all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona, gli amministratori dei beni dello Stato».
E ancora. Al momento di stipulare l’atto d’acquisto, il prestanome sparisce e compare finalmente Di Pietro con cinque assegni. Anche qui il notaio avrebbe dovuto rilevare che nel verbale di aggiudicazione risultava Belotti, il quale aveva costantemente reiterato il suo interesse personale all’acquisto agendo a nome proprio, e non per conto di Di Pietro, che ai sensi di legge non avrebbe nemmeno potuto farlo. In più, per attribuire la proprietà all’ex pm, il notaio avrebbe dovuto compiere due distinti atti (uno di aggiudicazione dell’immobile tra Scip-Inail e Belotti, un altro di compravendita tra Belotti e Di Pietro). Non l’ha fatto. Tonino ne ha pagato uno solo.